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2008-05-09

Non aprite quegli armadi

Cambio di stagione. Contravvenendo alla buona regola che ti sei dato di non aprire mai contemporaneamente gli armadi tutti insieme, ti sottoponi alla nube nauseabonda che esala dagli anfratti bui dove hai stipato anno dopo anno, decennio dopo decennio, non solo abiti ma vernici borse vecchi lp di vinile libri cartoline sciarpe cd videocassette attrezzi ginnici ricordi della naja tua e di tuo fratello. Occorre rimediare gli abiti primavera-estate dello scorso anno, il clima preme, inizi a vedere gente con infradito e canottiera, e certo sei di quelli che sfoggeranno le maniche corte solo a giugno, ma occorre farsi trovare pronti.
Come al solito, sei indeciso se portare gli abiti invernali in lavanderia. Cos'è meglio, lavarli e riporli, o riporli così come sono e lavarli appena aperte le buste sottovuoto il prossimo inverno? E poi, è il caso di riporli? Metti una perturbazione siberiana che ti riporta all'era glaciale giusto quando timidamente hai rinunciato all'imbottitura staccabile del giubbino (con conseguente gigantesco raffreddore che accenna a guarire verso ferragosto). Così, opti per una soluzione intermedia, come se nella tua stanza fosse contemporaneamente inverno ed estate: maglione di lana norvegese su tshirt smanicata, calzino invernale in scarpa estiva, piumino d'oca su costume da bagno, e jeans, sempre jeans, fortissimamente jeans, freddi d'inverno e caldi d'estate che gli uomini del futuro si chiederanno come abbia potuto avere successo una tale stronzata. Però, i cassetti del comò quelli sono, per cui nella stanza, oltre ad aleggiare un odore di chiuso, di naftalina, di polvere, di vecchio, c'è la giungla alta dei panni impilati sulle sedie.
La sincronia invernoestate per la quale in un colpo d'occhio hai tutti i tuoi abiti sottomano, ha tuttavia il gradevole effetto collaterale di indurti in un breve stato riflessivo. Innanzi tutto, sulla dimenticanza. Dimenticato che avevi questo, ecco dove era quello, impossibile che io abbia mai potuto avere quell'altro (e invece lo avevi, sì che lo avevi). Anni accumulati, impilati, impolverati. Gusti corretti, cambiati, ritrovati. E immancabili gli abiti feticcio che non indosserai più di sicuro, eppure non sai non dico buttarli, ma nemmeno cederli a qualcun altro, se non nel contesto di una cerimonia religiosa dove la cessione dell'abito tanto amato assuma un tono rituale ampolloso e solenne tipo, che so, accendere il braciere alle Olimpiadi. Ovviamente dietro promessa che il fortunato successore te ne mandi foto ogni tre mesi come nelle adozioni a distanza. Nessuna pietà invece per tanti altri abiti. Lo shock da guerra batteriologica del tanfo e la sindrome tipica da persistenza nella giungla portano a furori da tagliatori di teste. Ti riproponi rastrellamenti, pulizie etniche, deportazioni d'abiti vecchi, invernali ed estivi non fa differenza. Il cambio di stagione lo vuole, perché ci illude sempre che segni anche un cambio di vita, come tagliare i capelli. E affinché nuove cose vengano, occorre fare spazio.
Così, inizi dalle più facili, su cui il gusto nel frattempo modificato si è definitivamente assestato: via quel pantaloncino che sembra preso da un film di Nino D'Angelo, via quella maglietta "criminal" che il nuovo governo ha promesso "tolleranza zero", via quel maglione che tua madre l'ultima volta che l'ha visto su una sedia l'ha scambiato per il panno con cui dà il Sidol agli ottoni. E via quel vecchio abito tre bottoni e pantaloni a sigaretta che sembri a Londra negli anni 80. Man mano che passi dal codice rosso a quello arancione, iniziano i pensamenti e i ripensamenti: questo regge ancora, quello un altro anno se lo può fare, quell'altro si riporterà di moda, prima o poi. In più, scatta la trappola amarcord: con questo mi sono diplomato, con quello ho conosciuto Tizia, con quest'altro ho trovato il primo lavoro. Finché dall'armadio non scavi un tartufo dalle sembianze di un abito blu che non ricordavi di possedere. Ci giri intorno, l'odori, lo tocchi, lo apri, e convieni che è un grande must dalla linea classica e perciò ancora vestibile. Provi a ricordare in che periodo della tua vita l'hai usato o anche non l'hai usato perché si sa, capita di comprare indumenti che poi magari torni a casa dal negozio e non ti piacciono più. Il ricordo è fondamentale perché inconsciamente stai valutando la differenza di stazza tra ieri e oggi, differenza che giocherà quasi certamente a tuo sfavore, perché ci si ricorda sempre più belli, più magri, persino più alti, in passato.
Poiché la memoria ti difetta e non riesci a raccapezzarti sull'età del vestito a meno di tagliarlo e contargli gli anelli, con scetticismo provi ad indossarlo. Fai scommesse a quale altezza la chiusura lampo dei pantaloni si arenerà (nemmeno ti illudi di abbottonarlo). Speri almeno che la giacca sia recuperabile, magari sopra un jeans farebbe ancora la sua figura. Ma più ti vesti e più ti accorgi che l'impensabile si sta verificando: il completo ti va ancora perfetto. Certo, una lievissima, impercettibile tracimazione di pancia dalla vita dei pantaloni, nulla che non possa essere risolto con un paio di settimane di dieta. Vestito di tutto punto, ti porti allo specchio e di fronte a te pian piano emerge il ricordo di un ragazzotto con una tesi di laurea in mano che si dava un'ultima occhiata allo specchio, incredulo a vedersi elegante e adulto come l'evento a Fisciano richiedeva.
A questo punto ti sembra di aver realizzato il delitto perfetto: in un sol colpo hai un abito feticcio che in più è indossabile nel presente. Con una certa soddisfazione fai per riporlo nell'armadio di serie A, nella parte nobile dove conservi gli abiti eleganti opportunamente mummificati col cellophane, quando noti una stranezza sulla schiena della giacca. Ti avvicini, ti soffermi e scopri bucherellini nel tessuto. Le tarme lo hanno visitato. Sembra quasi di vederlo sghignazzare, il tempo trascorso.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Luì,lasciatelo dire...come massaia fai proprio pena!Al cambio di stagione i panni da riporre vanno sempre lavati,altrimenti le macchie si fissano e sono più difficili da togliere.Le più difficili sono quelle di sudore o di profumo e non oso immaginare l'odore che uscirebbe ,un anno dopo,al rigonfiamento del sottovuoto.E' molto meglio un bel profumo di ammorbidente o di sacchettino antitarme(assolutamente bandita la naftalina che fa molto negozio polveroso e demodè,o vecchia zia,o Eta Beta).Ma poi queste manzioni sono da donne,e non mi venire a dire che le femministe hanno manifestato anche per la parità del cambio di stagione! Per quanto riguarda la difficile e sofferta decisione di buttare qualcosa fuori moda,stai certo che ritornerà puntualmente di moda l'anno dopo!Però buttare il superfluo e il vecchio è molto liberatorio(ho appunto qualcosa del genere di cui liberarmi).Cià casalingo disperato!(ex.ab.)

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