Una vita tranquilla...se fosse possibile

Alzi la mano chi, ascoltando "Una vita tranquilla" di Tricarico a Sanremo, non ha pensato a "Vita spericolata" di Vasco Rossi, presentata oltre 20 anni fa nello stesso evento. Opposti persino plasticamente, diafano, allucinato, sottile l'uno, ringhioso, animale, cattivo l'altro, sono perfetti a simboleggiare la chiusura di un ciclo: la vitalità individualista degli anni '80, anima del pezzo di Blasco, si è arresa e chiede la tregua a un mondo diventato fin troppo pericoloso e oscuro, in cui quasi tutti siamo affannati a mantenere le posizioni, a non retrocedere, altro che whisky al Roxy Bar, troppo costoso in epoca euro…
Tricarico credo abbia colto perfettamente lo spirito dei tempi, almeno quanto Vasco all'epoca. Ma se l'invocazione a una vita spericolata fu uno shock, per via della palese assurdità (come si può volere una vita piena di guai? Ricordo il commento di mia madre: "Se vuole gli possiamo dare i nostri"), ritengo l'aspirazione a una vita tranquilla ancora più assurda, seppur meno evidente. Non siamo forse di fronte a un ossimoro? Non si negano a vicenda, vita e tranquillità? Si può immaginare tranquillità dove c'è vita, in cui già solo il brontolio dello stomaco almeno tre volte al giorno rompe le balle, costringendoti a muoverti, agire, cercare? E si può immaginare vita nella tranquillità, se da sempre la requie, il riposo, la pace sono associati alla morte, spesso ricompensa all'esistenza trascorsa? Eppure, la vita tranquilla sembra la condizione imprescindibile per quella felicità tanto indagata dai filosofi in ogni tempo e da tutti creduta, sperata, possibile. Personalmente, il segreto, la formula magica per una vita tranquilla credo sia questa: facilità di soddisfare i bisogni primari, capacità di distaccarsi dai bisogni secondari.