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2008-05-23

Usare certe parole solo in caso di necessità

Arrivo in ufficio e la prima cosa che DEVO fare (dopo aver acceso il computer, naturalmente) è scrivere di un titolo letto sulla prima pagina di Repubblica in ascensore. Lo so, la mia lotta contro i titolisti è impari, loro tanti e io uno solo, armato di un piccolo blog. Ma sono di quelle battaglie da fare, perché l’immondizia non è nelle nostre strade, è nelle nostre teste. E nel nostro linguaggio, se e quando se ne abusa. Come nel titolo: “Ritratto di un Paese malato. Cannes sotto shock per il Divo.”
Ora, immaginare gente che scappa, sviene, deve essere soccorsa da medici e psicologi come, che so, gli scampati dell’attentato nella metropolitana a Londra nel 2005, dopo aver visto il film di Sorrentino su Andreotti, è davvero troppo. Enfasi enfasi enfasi. Pompa pompa pompa. Il doping verbale (e mentale, direi) che ha colpito tv e giornali, da una parte, e moltissima gente dall’altra, è davvero insopportabile. Ma non è in questione solo una mia idiosincrasia. Il problema è: se usi “shock” per l’attentato a Londra e per la reazione ad un film, hai messo sullo stesso piano le due cose. Quindi, non c’è differenza. E quando le cose non fanno più differenza, non c’è gerarchia di valori. Una cosa vale l’altra.
In più, c’è la vecchia questione del “al lupo al lupo”. A furia di usare parole importanti (che bisognerebbe centellinare) anche per le noccioline, inneschi un’assuefazione che non farà reagire le persone di fronte ad eventi o cose che meriterebbero quelle parole importanti. A me viene sempre in mente l’immagine dei sistemi antincendio chiusi in bacheche di vetro con su scritto: “rompere solo in caso di emergenza”. Ecco, immagino parole in bacheche di vetro, da “rompere solo in caso di necessità”. Persino il commissario dei film di Batman l'ha capita: prima di chiamare il supereroe prova a sbrigarsela lui, e solo di fronte alla consapevolezza di un crimine troppo grosso per le sue capacità, fa lampeggiare il faro nel cielo. Insomma, certe parole sono come Batman, andrebbero usate solo per faccende davvero grosse.
Voglio esagerare: per me ci debbono essere parole (catastrofe, crisi, emergenza, shock, strage, stangata, ecc ecc) regolate per legge, magari da una Authority, che metta a punto un protocollo d’uso. È mai possibile che un formaggio, per fregiarsi dell’appellativo “parmigiano reggiano”, deve sottostare a tante regole, e un evento, per fregiarsi dell’appellativo di “catastrofe”, no? Un formaggio è più importante di una notizia? Ecco allora la regolamentazione: non puoi usare “catastrofe” se nell’evento non ci sono stati almeno 10.000 morti e/o la distruzione di interi paesi, non puoi usare “shock”…eccetera.
Va bene, mi sono sfogato, ora posso iniziare a lavorare. Lavorare…ecco un mio abuso di una parola importante… :)

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