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2008-03-15

Meno male che ai miei tempi non c'era YouTube

Se c'è una cosa di cui ringrazio Dio è di avermi fatto vivere l'adolescenza senza telefonini con videocamera e senza YouTube. In primo luogo perché ha evitato a me e ad un’intera generazione la testimonianza imperitura (e le relative conseguenze) di tante cazzate, qualche volta ai limiti del codice penale. Ma soprattutto ha permesso che sviluppassimo una capacità favolistica e affabulatoria che forse le nuove generazioni stentano a maturare, pervasi di strumenti di mera registrazione che non possono fare altro che "ripetere" l’evento, magari all’infinito, ma non ricrearlo. Proprio perché priva di essi, la mia generazione imbastiva sul racconto orale di un evento tutta una serie di variazioni e rielaborazioni spesso dettate da passaparola imperfetti, dove ognuno poteva aggiungere e togliere al canovaccio secondo il proprio talento, a volte geniale.
E come ci sono i cantastorie in ogni luogo dove alberga un racconto orale, anche la mia generazione ha vissuto di queste figure di servizio, metà animatori e metà cazzari, personaggi amati e ricercati perché capaci di “fare il fatto” in maniera impareggiabile, sempre modellandolo sulla platea in ascolto quindi mai uguale a se stesso. Così intere serate della mia adolescenza sono trascorse a rivivere e tramandare vecchi e nuovi fatti, presto nel novero delle leggende metropolitane a cui non si chiede più la verità, e nemmeno troppo la verosimiglianza. Ecco, chiunque ha giocato col das e con la plastilina può capire la differenza tra cazzata registrata e cazzata raccontata.

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