Quando il packaging è troppo umano

Negli ultimi tempi son passato a fumare sigarette “handmade”. Con tabacco, cartina, filtrino, pazienza e saliva a confezionare il tutto. Sarà mia deformazione da filosofo d’accatto, ma mi sembra di vedere la condizione umana tutt’altro che felice anche in questo. Mi spiego. Esistono in commercio varie qualità di tabacco, ma soprattutto di packaging. La bustina del Drum (pesante, infumabile) ha un’ottima chiusura esterna con strappo (tipo feltro) ma nessuna chiusura salvafreschezza all’interno, come ce l’ha il Virginia Gold che però ha per chiusura esterna un adesivo, il quale, dopo alcuni giorni, si copre di sfilacci di tabacco e non attacca più. Così pure, i filtrini OCB hanno una comoda bustina di plastica con chiusura a pressione ma i filtrini hanno le pareti lisce e creano problemi nel rullaggio e scivolano dalla cartina chiusa, cosa invece evitabile con i filtrini Rizla che hanno pareti zigrinate, ma uno scomodo scatolo di cartone che in tasca si deteriora e fa “perdere” filtrini.
Ora, mi chiedo: è così difficile imparare dagli altri, in special modo dai competitors? Costa così tanto al Virginia imparare a chiudere la busta dal Drum, che a sua volta potrebbe copiare la chiusura interna salvafreschezza, e alla Rizla imparare a fare le confezioni come la OCB, che a sua volta imparerebbe dalla Rizla la parete zigrinata? Non è irrazionale costringere un fumatore un attimo più attento a comprare il Virginia Gold per la chiusura salvafreschezza, mettere nella sua confezione il Virginia normale (che è il tabacco prediletto ma ha una chiavica di confezione) e incollarci la chiusura a strappo del Drum, comprare i filtrini Rizla e riversarli nella busta OCB? Son cose come queste, che ti spronano a smettere di fumare...senza successo, però. Ahimé!