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2007-12-02

Professione stragista

Dopo lo sfruttamento commerciale della fama da parte di vittime in fatti di cronaca nera – uno per tutti, Azouz Marzouk, il tunisino cui uccisero moglie e figlio ad Erba – in questi giorni assistiamo al passo successivo, se vogliamo inevitabile: la messa a frutto della fama da parte dei carnefici – Marco Ahmetovic, il rom che ha investito e ucciso quattro ragazzi guidando ubriaco.
Nessuno scandalo mi coglie, è il mercato, bellezza. Dove c’è domanda, c’è offerta. E non si capisce perché debbono azzuppare la mollichella tv e giornali, e loro no. Piuttosto, temo un effetto collaterale pericoloso: se non si sceglie d’essere vittime (è il caso o Dio che ti fa capitare vicini assassini), si può scegliere d’essere carnefici. Per cui, aspettiamoci prima o poi che qualcuno inveri alla lettera l’iperbole “ucciderebbe, pur di diventare famoso”. In un Paese in cui i media da 30 anni premiano sempre più la fama senza merito, non mi meraviglierebbe.
Una follia? Non tanto, a fare due calcoli tra benefici e costi. Ormai in galera non va più nessuno e se ci vai, ci pensa qualche legge premiale a non rovinarti l’affare. Quando si dice: incentivi all’impresa.

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