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2009-02-25

Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro?

Negli ultimi tempi, a causa della crisi mondiale, stiamo iniziando a fare i conti con l’idea della rinuncia. Per fortuna tanti solo con l’idea, ma c’è chi convive con le privazioni da qualche tempo, senza dimenticare chi vi convive da sempre.
Non è solo il lavoro che è rallentato, è un’aria per strada, dove sembra di vedere esclusivamente negozi che si cedono e case che si vendono, è un tema nei discorsi della gente, che non esita più a lasciarsi andare a lamentazioni sul doppio binario della situazione generale e della situazione particolare. Così, oltre alla realtà, c’è tutto un clima che disegna uno scenario di privazione, cui non siamo preparati, di cui non vogliamo prendere coscienza, e che in ogni caso temiamo.

Eppure, in questo clima, paradossalmente vivo tentazioni di rinuncia, ovviamente verso cose precise, e che possono essere sotto il mio governo. La rinuncia più grande per fortuna l’ho già affrontata e superata, quella del fumo: è ormai un anno che ho smesso. Altre bussano alla porta, e se non le faccio entrare spesso è per ostacoli collaterali, se così si può dire.
Vorrei per esempio stare, che so, sei mesi senza mangiare carne. Tanto per vedere l’effetto che mi fa, non ho motivazioni particolari o particolarmente nobili, per quanto conosca e condivida le molte, ottime ragioni che consiglierebbero quel regime alimentare: basta aver osservato una sola volta un camion di agnellini fermo in un autogrill, com’è capitato a me lunedi, per prendere coscienza dell’Olocausto animale cui partecipiamo quotidianamente, nel pieno assideramento dell’anima.
Certi periodi, poi, non so che darei per sottopormi a un digiuno (controllato) di alcuni giorni. Pare che una prolungata privazione di cibo procuri uno stato di “consapevolezza” più alta. Ma anche un digiuno di tv e giornali, per un mese per esempio, non mi dispiacerebbe. E il voto del silenzio, il maun vrat di Gandhi, mi affascina molto. Così, sempre “tanto per”.

La rinuncia delle rinunce, la più difficile, ma anche la più salutare, tuttavia è questa: vorrei stare senza computer. Anche un solo mese. Son certo mi farebbe un gran bene, se devo misurare i presunti benefici dal desiderio che mi brucia. A volte, mi sento come quei cinesi che dormono di fianco al telaio, la cui vita è scandita dal ciclo di lavoro non meno che da quello biologico. Anzi, quest’ultimo si plasma sul primo, quindi può capitare che il corpo dia lo stimolo della minzione in base ai tempi di salvataggio di un file pesante in Photoshop.
Nessuno mi ha incatenato, sia chiaro. Non mi allontano io, di mia sponte. Per questioni di sostentamento, certo, ma ormai blog, social networks e ricerche private hanno un peso non indifferente. Il risultato è che sono diventato virtuale, e non ho paura a affermare che il meglio di me lo do su internet. Per scherzare - ma non troppo - dico agli amici: se mi segui sul web sembro una piccola star, se mi vedi in strada non mi dai due lire. É così.

La realtà per me, ora, è quella cosa che incontro tra le diverse fasi di permanenza al computer. Roba interstiziale, fatta perlopiù del marciapiede per rincasare, e di qualche ora settimanale con gli amici, di cui ho disimparato a godere, giustamente impossibilitati a fornirmi le centinaia di stimoli che posso trarre dalla Rete. E se capita qualcosa – minima, si può immaginare - è benvenuta se può alimentare il blog o Facebook. Dentro questo lasso di spazio/tempo che dovrebbe somigliare a una vita normale, mi ritrovo tentato di rifuggire i contatti umani, vissuti perlopiù come scocciature di scocciatori sempre pronti a rubarmi tempo. Che non ho.

Perché il dramma mio, e forse del mondo intero, è che non ho tutto il tempo necessario per fare tutto ciò che vorrei. E non parlo di prendere un’altra laurea o imparare l’inglese o tornare in radio – desideri già accantonati, per realismo. Intendo, passare in farmacia a comprare quell’antibiotico per la cura che tenti inutilmente di iniziare da tre giorni, fare un salto in lavanderia a ritirare i maglioni di lana prima che venga l’estate, girare per negozi a comprare un paio di scarpe che facciano compagnia alle due paia cui ormai ti sei ridotto. A volte penso: e se avessi figli e moglie?

Addirittura, dentro ad una disputa interiore che potete immaginare, ho la stridente tentazione di comprare un computer portatile e/o uno smartphone dotati di internet mobile. Nella speranza di dilatare il tempo, col risultato di mangiarlo ad altre cose – la matematica delle ore e il ciclo sonno/veglia non sono un’opinione. Solo un barlume di residua saggezza me lo impedisce (lo stesso che m’impedisce, per altri versi, di abbonarmi a Sky) sapendo che sarebbe il colpo finale a ogni mio straccio di riposo, socialità, salute mentale e…arte. Già, perché se mi chiamassero “pittore della domenica” mi farebbero un complimento. A volte non mi lascio tempo di fare arte nemmeno quel giorno. Di solito rubo ore al riposo serale per mettere mano ad un’opera, ma presto tutto assume la parvenza di un ulteriore faticoso impegno, portato avanti senza la necessaria lucidità, con una mente che chiede riposo, con degli occhi che vogliono focalizzazioni lontane.

Non è un caso allora che la realtà sia quella cosa che mi si presenta sotto le sembianze di acciacchi fisici, anche banali. I dolorini, i doloretti. Segnalano l’esistenza del corpo, che tento di gratificare e “comprare” a tavola, con la gola, peggiorando la situazione generale, o con la quotidiana, buon’intenzione di fare le scale a piedi, saltuariamente praticata. Al momento, i maglioni coprono il disastro in atto. Sembrano un’altra epoca gli anni (recenti!) in cui andavo in palestra, e addirittura arrivavo in orario a lezione.

I più arguti avranno a questo punto notato che non faccio nessun riferimento a donne e a famiglia. Non è un caso, perché sono le persone che più subiscono la mia “secessione” dal reale, mentre sarebbero i tramiti più prossimi per riprendere contatto e, se possibile, re-innamorarmi della realtà concreta. Ma, per la delicatezza dell’argomento e per la vicinanza dei soggetti appena citati, preferirei non andare oltre.

Ora, fatto il mio più lungo autodafé, la necessaria conclusione sarebbe rinunciare al blog e a Facebook. É l’unico tempo virtuale che potrei sacrificare senza mettere in pericolo il sostentamento, nella speranza che il tempo guadagnato non si riversi in qualche altra forma di auto-alienazione. Ci vorrei provare. Così, tanto per vedere l’effetto che fa…sulla mia vita, se ancora ne ho, e ne ho voglia di avere, una degna di questo nome.

Ps. Il titolo del post è la forma interrogativa del titolo di un dipinto di Mimmo Paladino datato 1977.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

mamma mia!!!
...se sul serio fai, cessa tutto e... riprenditi!
...se un minimo di ghigno c'è, continua centellinandoti un pò per parte...

Il senso di questo tuo bel post sembra coordinato e diretto da mia moglie! ;)

Luigi Viscido ha detto...

:)
Beh, porto all'estremo un discorso molto comune, a quanto sento in giro...a partire da tua moglie! :)
La soluzione non può essere centellinarsi...ci ho pensato pure, e sarebbe bellissimo, come sarebbe bellissimo non fumarsi un pacchetto di sigarette al giorno, ma quelle 4/5 speciali che vanno nel novero della socializzazione (davanti ad una birra in un pub, mentre guardi una partita, ecc ecc). Ma non ci si riesce.

Il fatto è che è tutta una questione di atteggiamento mentale. Se tieni un blog e intervieni sui social network, entri in una condizione per cui ogni cosa che passa sotto il tuo naso, e che un attimo ti incuriosisce, diventa materia di riflessione: ci pensi e ripensi e scrivi e se non scrivi pensi che hai sprecato una buona occasione per scrivere. Il risultato è che diventi uno spettatore e un opinionista della realtà, non un attore/agente.

Perciò solo la cessazione totale (almeno temporanea) è la soluzione, perchè bisogna re-imparare a lasciar scivolare via la realtà, non pensare sempre a imbottigliarla in un post, o addirittura pescare a strascico in quella realtà virtuale che va sotto il nome di mass-media (giornali, rete, ecc ecc), pur di tirare su qualche pesce.

Al momento, sto valutando, e vorrei capire se sono capace di quelle 4/5 sigarette. Vuoi vedere mai che ci si riesce... :)

Anonimo ha detto...

E che fai riprendi a fumare?:)Ho letto attentamente questo tuo post "auting"(spero si scriva così)e mi sono stupita:siamo lontani sia dal capodanno che dal tuo compleanno.La tua è la sintomatologia classica del "dipendente da web",infatti non sei l'unico,tanto che ci vorrebbe una San Patrignano per i computer-dipendenti.E allora ho io la soluzione per te:iscriviti ai provini de "l'isola dei famosi"!Pensa:non fai un c.... tutto il giorno,ritorni ad un contatto con la natura incontaminata,fai la dieta,parli quanto basta per la socializzazione e...qualche bella gnocca sudamericana con tanto di costumino essential,mi sembra la soluzione P E R F E T T A! (poli)

Anonimo ha detto...

... per me, come credo per molti altri, il tuo blog è diventato quasi un appuntamento fisso, quell'indirizzo da aprire al mattino mentre scarichi la posta per, a seconda dei casi, sorridere, pensare, mandarti a quel paese ... ovviamente mancherà la tua presenza, ma altrettanto ovviamente traspare il fatto che tu abbia necessità di fermarti un attimo ... quindi ... fallo, riposati, stacca ed esci ... magari si berrà una birra insieme ... magari si fumerà una sigaretta davanti ad una partita ... magari ti tornerà voglia, tra pochi giorni, di riaprire il tuo ufficio virtuale ... ma non piangerti addosso solo perchè non riesci a fare tutto ciò che vorresti, è sempre stato così e sempre lo sarà ... buone vacanze luì ... e manda una cartolina

Luigi Viscido ha detto...

@ Poli. Per andare all'isola dei Famosi bisogna essere prima Famosi, per cui, la tua cura fallisce in partenza...e poi, non si potrebbe fare un reality più comodo? Che so, il Grande Fratello...:) Parlando un attimo seriamente, il problema è sparire, non comparire...

@aquilar3mota. L'appuntamento con la lettura del blog è una cosa che riesco a comprendere, perché lo vivo anch'io "dall'altra parte della pagina". Lappuntamento con lo scritto però per me è un attimo più complicato, visto che devo metterci mano! :)

Proverò a smettere - ma sono già qui a commentare, e oggi dovrei pubblicare qualcosa! E poi, mi sembra già di avere nostalgia del blog...uff! :)

Anonimo ha detto...

Come si vede che tu sei un intellettuale e io una semplice casalinga come quelle di Voghera!Devi sapere che,sull'isola dei famosi,su venti concorrenti i famosi sono al massimo cinque.E in più,da due anni,c'è la sfida tra i "famosi" e "non famosi".Quindi la mia proposta aveva un suo fondamento.Mi sembra di vederti già mentre ti butti dall'elicottero, mentre peschi o gareggi all'ultimo spasmo nelle prove leader!E poi il tuo problema non è sparire ma allontanarti dal pc(da non intendere come partito comunista,'a bbonanima)Comunque,colgo l'occasione per invogliarti almeno a non tralasciare il blog perchè ricordati che sei il mio occhio sul mondo,altrimenti che "poli" sarei!

Luigi Viscido ha detto...

Hai ragione, Poli...si vede che l'Isola l'ho abbandonata a se stessa da qualche anno...ricordavo ancora solo i Famosi! :)
In ogni caso, proverò a tenerlo in vita...tanto so che smettere non è così facile come si può credere! :)

Ps. Sarai pure una casalinga di Voghera (ma è tanto falso quanto l'idea che io sia un intellettuale) ma la tua casa è sempre il miglior posto dove passare una serata in pace...

Anonimo ha detto...

Lo voglio prendere come un complimento...forse xchè ti è giunta voce delle nuove soppressate o per i poteri del mio divano soporifero.Comunque tu porta il vino che al resto ci pensiamo noi con tanto di animazione all'incontrario.:)(poli)

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