Dunque gli italiani intrappolati sul Nanga Parbat qualche mese fa rimborseranno le spese per il loro salvataggio. Non che la notizia faccia tirare un sospiro di sollievo, ma che faccia partire un “era ora”, si. Del resto, lo aveva detto anche Reinhold Messner: “Se io rischio e faccio qualcosa di molto difficile, devo essere autosufficiente dal punto di vista pratico e anche economico. E non posso riversare la responsabilità sulla società. Giustamente ci occupiamo degli anziani, degli handicappati, dei più poveri. Ma non dobbiamo anche occuparci di tutti quelli che sono matti e si ammazzano in montagna”.
Da sottoscrivere lettera per lettera, no? Perché la collettività deve pagare 30.000 euro per andare a riprendere qualche stolto persosi sulle montagne? E perché deve pagare per la sicurezza negli stadi di calcio la domenica? E perché sempre la collettività deve pagare la cura del tumore al polmone di un fumatore che da trent’anni sa bene la conseguenza delle sue azioni (senza parlare dell’alcool)?
Il discorso mi appare lucente, tanto è pieno di buon senso…eppure ha un suono strano.
A prima vista, c’è un grave problema classista. Potranno scalare una montagna o andare allo stadio o fumare solo i ricchi. Coloro cioè che potranno pagarsi le conseguenze o gli errori, aldilà della propria bravura o improntitudine. Il discorso sarebbe più accettabile se così impostato: “La montagna (o la sigaretta o lo stadio) è pericolosa, perciò è vietato a tutti”. Invece si dice: “La montagna è pericolosa solo per chi non può farsi il mutuo per pagare l’elicottero salvavita”. É un po’ la logica di tante iniziative recenti: dal ticket per l’ingresso nel centro di Milano (se paghi puoi inquinare), all’idea inglese di fare una corsia a pagamento per quei tratti stradali ingolfati di traffico. Di esempi potremmo farne parecchi altri.
Come si concilia poi questa mia voglia sintetizzabile nel detto “chi sbaglia paga” con il mio essere anti-proibizionista? Poiché ritengo che la proibizione non guarisce la malattia ma fa solo sorgere sindromi collaterali a volte più gravi del male stesso (le narcomafie), e poiché ritengo stupido legalizzare alcool e sigarette e vietare le droghe, sono per una strategia di riduzione del danno: consentire che la gente si droghi, con prezzi, sostanze e modalità controllate dallo Stato. Epperò poi come si fa con i danni sanitari che la droga comunque arreca? Accollarne le spese alla comunità, come già per sigarette e alcool? Potrei avere la facile risposta che lo Stato può investire in prevenzione e cura ciò che risparmia in repressione. Però però…anche qui il discorso mi suona strano.
Inoltre non è, il discorso d’apertura, la premessa per uno Stato Etico che definisce ciò che un cittadino può o non può fare, magari modellato su un’etica religiosa, o politica, o peggio ancora, sulle idee di qualche funzionario del Ministero alla Sanità, con l’aggravante che qualsiasi etica prescelta “concede il perdono” solo a chi può comprare l'indulgenza?
Senza volerla buttare in filosofia, il seme piantato potrebbe dare (e già sta dando) tanti frutti avvelenati: perché noi del Nord dobbiamo pagare le inefficienze e i vizi del Sud? Perché noi cattolici dobbiamo pagare gli aborti negli ospedali pubblici? Perché noi donne dobbiamo pagare la sicurezza al calcio maschile? Perché noi pacifisti dobbiamo pagare le spese all’Esercito? Perché noi nazisti dovremmo pagare le cure ai gay, ai matti, agli ebrei e ai comunisti? La strada per l’autogoverno anarchico è lastricata di buon senso, e non ha meno pericoli di quella che porta al Nanga Parbat.
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2008-09-22
Sulle contraddizioni delle proprie credenze ovvero il pirla sull’Himalaya
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1 commenti:
Perchè non ti fai un bel cannone e tutto ti sembrerà più semplice?(poli)