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2008-09-08

Se anche Pennac applica il Teorema di Benaltro

Ragazzi, seduti. Approfittando dell’intervista di venerdì scorso fatta da Repubblica allo stimato scrittore francese Daniel Pennac sulla scuola, oggi spieghiamo il Teorema di Benaltro.
Dicesi Teorema di Benaltro una formula molto cara agli intellettuali, specialmente di sinistra, secondo la quale “la soluzione di un problema è sempre l’elevata alla n di quella proposta da qualcun altro”. É una strana formula, perché per quanto essa sia formalmente corretta, non porta a nessun risultato (il problema non è risolto).
Vi faccio un esempio: c’è la carestia in Etiopia. Una soluzione immediata e di buon senso sarebbe l’invio di cibarie nel Paese africano. Ma ecco che a una tale soluzione viene applicato il Teorema di Benaltro: “per risolvere il problema della carestia in Etiopia ci vuole ben altro che l’invio delle cibarie, occorre che in Etiopia si portino lo sviluppo, l’istruzione, la democrazia.” Soluzione ottima, condivisibile, sacrosanta. Salvo che per metterla in pratica bisognerebbe scovare il Genio della Lampada e nel frattempo l’Etiopia scomparirebbe per la fame.
Torno al caso che mi ha suggerito il tema. Dice Pennac alla Repubblica: “Ma ai ragazzi serve autorità morale non 7 in condotta e grembiule”. Nell’articolo si specifica meglio del titolo la soluzione dello scrittore francese al problema scuola: “Pennac scomoda la parola amore. Si tratta di una parola pesante che non va declinata affettivamente, ed è rivolta soprattutto agli insegnanti. Bisogna amare la materia che si insegna; amare il modo di comunicarla e amare con curiosità antropologica quella tribù di alunni che ogni mattina ci si trova di fronte”. Ottimo, condivisibile, sacrosanto. Ma se per iniziare a risolvere qualche problema della scuola dobbiamo aspettare o investire affinché le centinaia di migliaia di “insegnanti” si trasformino in “maestri”, stiamo freschi.

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