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2008-08-08

Cronaca di un'inaugurazione annunciata

Ebbene si, sono una del miliardo di persone che ha guardato in tv la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi...che sapevo a Pechino! Ma sicuri che si svolgono nella Repubblica Popolare Cinese? Nello show manco un accenno al comunismo, a Mao, alla rivoluzione. Niente. La storia si è fermata a Confucio. Del resto, è finita la "spinta propulsiva" dell’alleanza tra contadini e operai. Confucio sosteneva che occorresse rispettare il padre e la gerarchia, e questo basta al potere per perpetuarsi. Riposto il libretto rosso negli scatoli dei garage, la Cina si è offerta al mondo per quel che è: una potenza di volontà al servizio di una volontà di potenza. Bastava guardare il segmento dello spettacolo in cui tante tessere dei caratteri mobili della stampa hanno preso ad animarsi in movimenti tridimensionali degni dei computer della Pixar…salvo scoprire alla fine che ogni tessera era mossa da un ragazzo, che per dieci mesi sarà andato anche a dormire, con la sua brava tessera. Fosse stato in Italia, alla terza prova sarebbero andati tutti al bar.
Al netto della pompa, inevitabile e a volte necessaria, la cerimonia mi è piaciuta, specie il finale emozionante dell’ultimo tedoforo che fa il giro sull’ultimo cerchio del bellissimo stadio a forma di nido. Certo, se al suo posto fosse stato chiamato un monaco tibetano (capace di volare da solo, senza fili, dalla felicità), sarebbe stato il coupe de theatre da piangere come vitelli seduta stante. Ma per quello aspettiamo le Olimpiadi di Pechino del 2.100. Tuttavia, messo per un momento tra parentesi il rancore per l’oppressione del Tibet, davvero in queste occasioni si ha voglia di credere che l’irriducibile varietà umana saprebbe unirsi nella pace, lasciando la guerra alle simulazioni sportive. Faceva uno strano effetto pensare che in un posto del mondo, alle 20 di sera, c’era concentrato almeno un cittadino di ogni nazione del mondo. A pensarci, in quali posti succede una cosa del genere? Forse solo a New York, ma nemmeno. Facce sconosciute e facce stranote, buffi e bellissimi costumi che pensi subito al Carnevale quotidiano del mondo, e l’emozione per la tradizione che vuole in testa al corteo delle nazioni sempre la Grecia, onore eterno al Paese che ha dato al mondo le Olimpiadi.
In quel calderone magmatico di vicinanze e lontananze, con nomi di Paesi sentiti per la prima volta (Kiribati, Tuvalu…), altra (inaspettata) emozione per me alla vista della delegazione francese, perché penso sempre alla Francia come la patria dell’Illuminismo e dei Diritti Umani (maiuscole obbligatorie). Poi, dopo lunga attesa, la delegazione dell’Italia, come al solito la più elegante e caciarona. Mi sono sorpreso a chiedermi cosa abbia dato l’Italia al mondo, e mi è venuta subito la risposta delle risposte: il più grande genio, di ogni tempo, dell’Umanità, Leonardo da Vinci. Al punto che io ne metterei il volto stilizzato nel bianco della bandiera, come il Canada ha la sua foglia. Poi ho frenato, riflettuto che si, mi son fatto prendere dall’impeto, che insomma la supremazia di Leonardo è un giudizio eurocentrico, ecc. ecc. Ma chi se ne frega, ho concluso, sto guardando le Olimpiadi!
Per il resto, troppi fuochi d’artificio fanno perdere la meraviglia, e troppi saluti con la manina di tutti a tutti fanno perdere solennità. Persino i potenti sudaticci sulle tribune d’onore non hanno saputo resistere, ma forse era uno sventolarsi per il caldo africano. Qualche addetto cinese vestito da pizzaiolo italiano, ragazzine del cordone che ballano due ore senza fermarsi (occorrerebbe far loro il controllo antidoping), qualcuno della delegazione messicana che sta per perdersi i pantaloni, un tipo inquadrato dalla tv che spreca i suo dieci secondi di gloria in mondovisione per grattarsi l’orecchio, militari perfettamente marziali e burattini, che la bandiera e i pennoni sono sempre di loro proprietà. L’altra faccia della medaglia: la solita umanità.

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